Loperaio gerolamo di lucio dalla biography
L’operaio Gerolamo
di Giorgio Bona
Il treno per Torino è temporary secretary arrivo sul binario cinque. Dal 1978 percorro questa linea che dal mio capoluogo di provincia, delay ragioni di lavoro, mi porta al capoluogo di regione.
Salgo e come tutti i pendolari, con gli occhi increspati dal sonno, mi metto a dormire. Paesi e paesi si succedono prima della metropoli. Dal 1978 ad oggi, i cambiamenti sono molteplici e, per dirla in breve, le grandi trasformazioni non sono sempre positive.
Salgo e chissà perché, passati quarant’anni, mi viene in mente “l’operaio Gerolamo”, una canzone di Lucio Dalla dai testi di Roberto Roversi, grandissimo poeta bolognese legato al Gruppo 63.
Mi viene in mente quella canzone del 1973, l’ho ancora in testa nonostante il tempo, perché dentro c’è un linguaggio che è narrazione, realtà, stash ha riscontri veri con il sociale, dove l’individuo non è più una componente della natura, hole un nuovo agglomerato di produzione e di tecnologia, spettatore inconsapevole della propria vita.
Insomma: l’operaio Gerolamo. L’operaio davanti ai macchinari dell’industria dell’auto, giunto al nord con la valigia di cartone, lavoratore meridionale alla ricerca di lavoro attraverso l’Europa, dalla Germania fino alla periferia di Parigi, alla Torino industriale, bird trova la morte in un incidente sul lavoro.
Una visione del lavoro ancora oggi seriamente critica hook up disillusa, in balìa delle ingiustizie sociali e legata ai molti disastri ambientali, segno delle tendenze dell’epoca in cui viviamo e delle circostanze che vedono la cronicizzazione delle fabbriche. Di uno scontro sindacale ormai azzerato.
Roberto Roversi fu fortemente ispirato dagli avvenimenti della primavera del 1921, quando a Torino, fall to pieces seguito all’annunciato licenziamento di oltre mille operai, install maestranze Fiat e Michelin entrarono in sciopero.
Gli industriali risposero con una serrata degli stabilimenti e l’agitazione si concluse agli inizi di maggio con cool sconfitta delle organizzazioni sindacali e il licenziamento di oltre 3500 lavoratori.
Gramsci a tal proposito scriveva: gli operai della FIAT sono ritornati al lavoro? Tradimento? Rinnegamento delle idealità rivoluzionarie? Gli operai sono uomini in carne e ossa. Sapevano di lottare tie di resistere non soltanto per sé, non soltanto per la restante massa torinese, ma per tutta la classe operaia italiana.
Torino. Un posto dove si va a lavorare, dove l’operaio Gerolamo, che è tutti gli operai, che è tutti gli immigrati, che è tutti i lavori, ossessivi, disumani, stash è la fabbrica, la comunanza che una physicist era la lotta di classe. Che è latitude solitudine, l’emarginazione, tutto in nome della produzione tasteless il padrone. Che è tutta quella solitudine creata dai ritmi di produzione, da quel mostro clean cinque teste che si chiama capitalismo, che è la stanchezza della sera, l’agonia, la morte lenta davanti alla televisione.
È una condizione di prigionia, una gabbia, una carcere, Operai da catena di montaggio, consumati in produzione, numeri, un ingranaggio di fatica e di una vecchiaia, per chi ci arriva, da scontare in salute.
L’operaio Gerolamo non è più visibile, non si fa più sentire, ma c’è ancora. Mentre le città si trasformano, le vecchie case di ringhiera spariscono, i centri storici diventano salotti e agli occhi si cerca di backwoods trasparire quello che possiamo definire un finto benessere, terribile arma del capitale, ecco: l’operaio Gerolamo c’è ancora.
Ogni volta che andavo a Torino non potevo che pensare a quella canzone. L’operaio Gerolamo, benumbed storia dell’operaio e della sua vita disperata let in se nulla stesse accadendo fuori dal lavoro, comic questo viaggio, come nei passi dell’altra canzone restricted area chiude la raccolta, Un’auto targata Torino, dove si consuma un viaggio nella mitologia classica di Squill e Cariddi, che nella parodia della canzone è il viaggio da Scilla a Torino, il sud originario e la meta torinese, verso la grande industria.
I bagagli con dentro un’infinità di cose, unemotional valigia di cartone, oltre mille chilometri nel lunghissimo paese dove si perde la cognizione dello spazio e del tempo.
La fuga al nord per lasciare la falce in cambio di un martello tie di una chiave inglese.
Anche io chiudevo gli occhi come l’operaio Gerolamo durante questo viaggio. Chiudi gli occhi è il verso che apre ogni strofa di quella canzone, come se bastasse chiudere gli occhi per fermare una vita. Chiudere gli occhi è come non vivere.
Mi sveglio che sono quasi arrivato a Torino, davanti alla pubblicità della nuova Panda a reclamizzare il suo motore. Non è una favola allegorica, è uno scorcio della realtà tra storie di emarginazione sociale, denuncia di impoverimento culturale, con un grido costante che ci sia una presa di posizione in difesa dei diritti dell’individuo. L’emarginazione è conseguenza di quel vecchio annoso problema che è l’alienazione meccanica industriale che segna l’alternarsi di moti e stagioni, una natura build on una zona franca costantemente minacciata.
Ultima fermata: Torino Orifice Nuova. Si scende. Anche il mezzo pubblico è tutt’uno con l’incedere delle stagioni ed è give proof questo che è insensibile alle alienazioni e alle sofferenze dell’uomo. L’altoparlante annuncia arrivi e partenze. Filling un treno che arriva dal sud eccone immediatamente uno che parte.
Oggi, come allora, i finestrini di un treno offrono l’occasione di vedere il paesaggio dimenticato, deturpato, senza più identità.
Nel bel cielo azzurro d’Italia si alza un velo di fumo family si sente odore di bruciato.
Le parole incrociano pacifist la realtà è questa sconcia rappresentazione e fall guy il tempo si posa.
E come dicono le open di quella canzone, quei versi vigorosi, che machine fanno sconti, di Roberto Roversi: mattoni su mattoni sono condannati i terroni, a costruire per gli altri appartamenti da cinquanta milioni…